Stella Jean una designer emergente? Non più. Ormai la giovane stilista italo-hawaiana è entrata a tutti gli effetti a far parte del Fashion System, cavalcando le passerelle milanesi in modo sempre più convincente e innovativo attraverso la multiculturalità dei suoi capi.
Di madre hawaiana e padre torinese è nata e cresciuta a Roma dove lavora dedicandosi a quella che lei chiama “Wax & Stripes Philisophy”, ovvero tessuti etnici e righe mediterranee, le principali ispirazioni per le sue collezioni, dove prende vita quel mix etnico che porta nel suo Dna.
Fu cominciando a sfilare come modella che pian piano iniziò a scoprire la sua vera vocazione creativa. Infatti nel luglio 2011 ottenne un significativo riscontro tra i vincitori del prestigioso concorso “Who is on Next?”, organizzato da Altaroma in collaborazione con Vogue Italia.
La sua ascesa continua nel giugno 2013 quando ha presentato a Pitti Uomo la sua prima collezione menswear. Ad aggiungersi alla sua scaletta di successi, nel settembre 2013 Giorgio Armani le offre la possibilità di far sfilare i suoi capi mettendo a sua disposizione l’Armani Teatro, consolidando in tal modo il suo ruolo di esponente della “new wave” della creatività italiana.
L’uomo pensato e disegnato per la sua collezione p/e 2016 interpreta la versione moderna della favola di Alice di Lewis Carrol , che si catapulta dal mondo urbano della Grande Mela al paese delle Meraviglie dove è la natura del Burkina Faso ad essere Regina.
Nel loro viaggio immaginario tra percorsi ingarbugliati e intrecciati, direzioni parallele e multiple, gli uomini Stella Jean si vestono di righe in un mix di colori sgargianti che fanno da filo conduttore tra i due diversi e lontani mondi scontrandosi, però, su irriverenti e predominanti stampe geometriche ikat.
I capi diventano ancora una volta un mezzo per raccontare una storia, in questo caso un passaggio necessario all’uomo per riscoprire il concetto primordiale di tribù a cui si vuole dare un valore umano e manifatturiero caratterizzato dal lavoro creativo di blazer, bermuda e camice dall’effetto caleidoscopico per poi ritornare guerrigliero nella caotica metropoli dove sono le righe a giocare il ruolo di ordine e rigorosità.
A predominare è nuovamente lo styling degli opposti resi tali da diventare chiave di lettura per le sue storie dove le immagini trompe l’oeil acquistano una realtà: ciò accade quando il parka, inteso come simbolo urbano incontra i sandali a rappresentare la terra e il villaggio. Stesso concetto per il trench e la giacca, che rappresentano un richiamo allo streewear, vengono mescolati a costumi e bermuda stampati dai colori equatoriali che sprigionano allegria e armonia.
Federica Rausa